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Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella agli Stati Generali della Lingua italiana nel mondo – Firenze, 18 ottobre 2016

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella agli Stati Generali della Lingua italiana nel mondo (Firenze, 18 ottobre 2016)

 

Un saluto molto cordiale a tutti, ai partecipanti alla tavola rotonda, al Vice Ministro Giro, al Presidente della Regione, al Sindaco di Firenze.

Gli Stati Generali della nostra lingua sono venuti, seguendo Manzoni, “a sciacquare i panni in Arno”.

Rivolgo un saluto ai rappresentanti delle istituzioni e a tutti i partecipanti alla seconda edizione degli Stati Generali della Lingua italiana nel mondo.

Desidero ringraziarli per la loro intensa attività. Un ringraziamento particolare al Vice Ministro Mario Giro, per il suo impegno in questo settore davvero cruciale per il nostro Paese.

La promozione della lingua italiana è opportunamente inserita nell’ambito della più generale promozione del sistema Paese: italofonia e italofilia sono percorsi sempre più paralleli e fra loro interconnessi. Non è di oggi la riflessione sulla pluralità di linguaggi che hanno accompagnato la diffusione della lingua italiana nel mondo.

Accanto a quella tipicamente letteraria – elemento peculiare della presenza italiana nel mondo – non possiamo certo dimenticare il fatto che a parlare dell’Italia sono altri e, spesso non meno importanti, ambiti. L’arte, la musica, il design, la moda, il cinema, lo sport, l’industria, la cucina, per citarne solo alcuni.

A ragion veduta il dibattito, nei decenni, si è allargato sino a ricomprendere un’idea estesa della suggestione che la civiltà italica, nelle sue sfaccettature, antiche, moderne e contemporanee, può offrire.

Un’idea lontana dall’arroccamento identitario e protesa, piuttosto, ad offrire alle altre culture, il portato dell’esperienza, della bellezza, cumulata in millenni.

Proporre la qualità Italia è la sfida di fronte a noi: proporre cioè l’umanesimo che deriva dalla nostra cultura, dal modo di vivere, di lavorare. L’italianità parla di umanesimo.

Il patrimonio cumulato nella nostra storia accompagna l’evoluzione della società odierna: la cultura è in continuo divenire, non possiamo pensare di fermarne la proiezione su un fotogramma fisso.

Valorizzare un passato già noto non può esaurirsi in percezioni di nostalgia: ci tocca il compito di riprogettare continuamente l’immagine e l’offerta culturale del nostro Paese, a partire dal patrimonio storico-artistico, naturalmente, ponendolo in connessione, tuttavia, con la produzione culturale contemporanea, con le industrie culturali e creative relative, con la innovazione.

Il contesto nel quale si colloca oggi il vostro lavoro è solcato, attraversato, da mille stimoli.

Come accadde in passato, le lingue stesse sono in continua trasformazione ed è preziosa quindi l’attività di istituzioni che, come l’Accademia della Crusca, vegliano affinché non ne vengano tradite le fondamenta.

L’appartenenza a più culture, il plurilinguismo, l’ibridazione linguistica sono, tuttavia, parte dell’esperienza dell’uomo contemporaneo, in una fase rinnovata di forti migrazioni.

Alla diaspora dell’italiano in uscita, con l’emigrazione di massa prima e quella più di carattere professionale di oggi, fa da contraltare la diaspora di altri popoli, in ingresso nella cultura italiana e per i quali, spesso, l’italiano è la lingua tramite per eccellenza, una sorta di “lingua franca” per dialogare tra loro, così come accadeva molti secoli fa nel Mediterraneo.

In qualche modo, l’italiano, da lingua tipica di un territorio limitato (mai solo del nostro, come dimostra l’iniziativa in concorso con l’amica Confederazione Elvetica), si propone in questo senso come lingua di una cultura a vocazione universale, andando oltre la dicotomia tra linguaggi del vedere e linguaggi del sentire, tra linguaggi della scrittura e linguaggi dell’immagine.

In un convegno di qualche anno fa dedicato al rapporto tra glocalismo e lingua italiana, Piero Bassetti ricordava che si possono costruire sistemi di conoscenza “bottom-up” altrettanto ricchi di quelli costruiti “top-down”. Bassetti mi consentirà, in conformità all’invito rivoltomi dalla Crusca, di sostituire alle espressioni inglesi, da lui utilizzate, quelle italiane di “dal basso verso l’alto” e “dall’alto verso il basso”.

E’ un modo per sottolineare le influenze che una lingua viva esprime quotidianamente con gli stili di vita di cui è espressione e che ricava, per converso, dal rapporto con i dialetti e con le 139 lingue estere che – si è calcolato – sono parlate dalle diverse comunità straniere presenti in Italia e che rappresentano una eccezionale opportunità di comunicazione con le collettività di origine.

Accanto alla “esportazione” dell’insegnamento dell’italiano (ieri rivolto pressoché esclusivamente alle nostre comunità di immigrati e che va, sempre di più, indirizzato anche a giovani nei rispettivi Paesi), oggi l’italiano per stranieri in Italia è divenuto un altro canale importante di propagazione culturale.

Due fronti, sui quali ci troviamo ad agire, tra loro complementari e che chiamano in causa, in modo prepotente, nuovi media e nuove tecnologie per la promozione della lingua italiana da un lato e la trasmissione dei contenuti della cultura italiana dall’altro.

Dunque, indispensabile il rafforzamento dei canali televisivi in lingua italiana dedicati all’estero e di contenuti per la rete internet: si tratta di una missione peculiare cui il servizio pubblico radiotelevisivo deve assolvere, con grande attenzione proprio all’offerta culturale complessiva che l’Italia è in grado di mettere in campo. Si tratta di un’offerta che non raggiungerà solo le nostre comunità all’estero, desiderose di trasmissioni di qualità, ma contribuirà al ruolo di “lingua franca” che, in molti ambiti culturali – arte e musica fra questi – l’italiano si trova a svolgere.

E’ questione che riguarda anche il sostegno alla editoria di lingua italiana all’estero: si tratta di media che vanno sostenuti.

Accanto a questo compito va annoverata, naturalmente, la diffusione di contenuti nella lingua prevalente dei luoghi.

Traduzioni, produzione di contenuti per tv e nuovi media, mostre dell’attività artistica contemporanea, produzioni di percorsi culturali che attingano al nostro patrimonio museale, bibliotecario, archivistico, e si propongano alle reti estere, sono tutti elementi che possono contribuire ad ampliare la numerosa platea di estimatori della cultura italiana o degli italofili come si usa definirli, anche a seguito anche dell’iniziativa dell’Albo istituito dal Ministero degli Affari esteri.

Ho visto con interesse i risultati della recente assemblea della Comunità Radiotelevisiva Italofona, riunitasi la scorsa settimana a Roma, per iniziativa e come ospite la Rai.

Ne è emersa la conferma dell’attenzione che in aree come i Balcani e il Mediterraneo, ma non soltanto in esse, nella stessa Europa continentale, continuano a riscuotere la cultura e la lingua italiana. Si tratta opportunamente di aree in larga parte individuate come prioritarie per le iniziative di qualificazione dell’insegnamento della lingua italiana nel mondo.

La lingua è il vettore di valori identitari espressione della cultura di un popolo.

Questa funzione, in particolare, trova conferma per la cultura italiana, tuttavia con un retrogusto – che talvolta si coglie – che sembrerebbe volerla confinare al passato, alla cultura della tradizione, affidando, invece, ad altre lingue, l’inglese, ad esempio, la funzione – oltre che di lingua veicolare attualmente prevalente -, di lingua della modernità, dell’innovazione, della contemporaneità.

Si tratta di una falsa alternativa; alla quale occorre sfuggire.

La tesi di esistenza di comunità ormai transnazionali, sorrette da forme di uso funzionale delle lingue, in virtù delle quali esisterebbe una specifica lingua della ricerca scientifica, una diversa della tecnologia, una della musica, una della politica, una della diplomazia, una dell’arte, ecc. – per quanto suggestiva possa presentarsi – non appare convincente.

Vedrebbe il semplice prevalere di fisionomie espressive puramente funzionali, frammentando l’unità della cultura alla base delle diverse espressioni linguistiche.

Le nuove tecnologie di comunicazione e gli strumenti oggi disponibili hanno, peraltro, modificato in maniera significativa anche il rapporto con la lingua italiana.

Viene amplificata la presenza di pagine in altre lingue, mentre la presenza della nostra, nonostante lungimiranti iniziative partite alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, come quella del Servizio Bibliotecario Nazionale, appare in netta minoranza.

Sulla linea della comunicazione sociale c’è una frontiera da esplorare in maniera sempre più attenta ed è quella della lingua sul web – o meglio, sulla rete – a partire dai correttori automatici della lingua, agli aggregatori di notizie, affinché gli algoritmi utilizzati non discriminino le espressioni italiane e propongano, invece, in completezza la ricchezza dei nostri contenuti.

Contenuti che si avvalgono di grandi traini, simboleggiati dai nomi di giganti della cultura italiana e, insieme, da manifestazioni del nostro modo di vivere (si pensi alle insegne che richiamano nostri cibi e nostri vini, nostri paesaggi), da marchi che, in tutti i settori, hanno fatto storia, sia sul terreno industriale, sia su quello della creatività, dello sport. In questo senso utilmente si è posta attenzione al tema dell’italiano e la creatività: marchi e costumi, moda e design.

Le industrie del nostro Paese che hanno puntato sulla internazionalizzazione hanno recato e recano un contributo fondamentale alla causa della nostra cultura e della nostra lingua, esprimendo quella civiltà e quell’umanesimo del lavoro che costituisce tanta parte del nostro bagaglio.

Ogni settore del nostro Paese è chiamato a essere fonte di ispirazione e avvicinamento alla cultura italiana e non possono mancare, in questa direzione, iniziative tese alla attrazione di talenti in Italia, insieme a quelle dirette al rientro dei talenti italiani che hanno visto crescere le loro competenze all’estero.

Il mondo della scienza e della ricerca viene interpellato per primo in questo senso.

Ma, alla base di tutto, vi è, naturalmente, la necessità di un ampliamento della conoscenza della lingua italiana.

Il prezioso e importante lavoro del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in tutte le sue articolazioni, unitamente a quello della Dante Alighieri, delle Università per stranieri nel nostro Paese, delle cattedre di italiano e italianistica all’estero, veri e propri avamposti della nostra civiltà, va ulteriormente alimentato e incoraggiato, in un rapporto che coinvolga virtuosamente tutti i soggetti, pubblici e privati.

Auguri di buon lavoro.

Desidero dire a tutti coloro che sono protagonisti di questo sforzo che la Repubblica è pienamente consapevole dell’importanza di ciò che fanno.